Indice di Ricerca: aquila reale


cucciolo-di-martora

Dal sito di LifeGate di venerdì 9 settembre 2016:

Una giornata al Cras di Bernezzo, là dove si curano le aquile
BRUNELLA PACIELLO

Nel Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo si curano e restituiscono alla vita esemplari della fauna selvatica italiana. Dalle aquile ai cerbiatti.

Fra le montagne di Cuneo si narra ancora una vicenda che ha per protagonista una cerbiatta, salvata da piccola e da dodici anni ospite del Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) di Bernezzo gestito da Remigio Luciano, un eroe contemporaneo che sta ‘dalla parte degli animali’ e salva e accudisce esemplari selvatici di ogni taglia e specie. Sono più di 1.200 i salvataggi che il CRAS di Bernezzo porta a termine ogni anno: dalle volpi (Vulpes vulpes) ai cervi (Cervus elaphus), passando per rapaci di ogni specie e dimensione. Nato nel 1985, il Centro sorge fra le montagne di Bernezzo, un piccolo centro sulle montagne che circondano Cuneo. Luciano, a quei tempi, era il gestore dello zoo della cittadina piemontese, poi smantellato perché il Comune non rinnovò la convenzione. Il grande rischio dell’operazione fu, come sempre, a carico degli animali. C’era la paura che potessero essere abbattuti o finire in cattive mani. “La mia famiglia però – narra oggi Luciano – possedeva una casa a Bernezzo ed è lì che trasferimmo gli esemplari dello zoo, dando loro riparo e assistenza”.

Il CRAS e gli animali selvatici
Il CRAS di Bernezzo è uno dei centri di recupero in Italia dove vengono ospitati e curati animali selvatici di ogni tipo. Nel Centro, oltre a Luciano Remigio che ne è il responsabile, lavorano due persone part time (Matteo Parola ed Elisa Marino) e altre quattro attraverso il Servizio civile nazionale.
“Ci avvaliamo – continua Luciano – anche di tre veterinari che operano gratuitamente a seconda delle competenze professionali visto che gli animali ‘salvati’ dal CRAS sono di specie diverse e necessitano di cure differenti e specialistiche”. Nel 2001 la Provincia di Cuneo ha autorizzato il Centro a operare per il salvataggio e la custodia dei selvatici.
“Il Cras dovrebbe essere interamente sovvenzionato dalle istituzioni dello Stato che si occupano di tutelare la fauna. Purtroppo ciò non avviene regolarmente così a volte passano anni senza ricevere alcun compenso per le spese vive. Riusciamo a sopravvivere grazie all’intervento di alcuni Comuni, alle donazioni dei privati e al 5×1000 che per noi è davvero una boccata d’ossigeno”.

Aquile e falchi, martore e cerbiatti
Le specie soccorse e curate sono davvero tante. “I pericoli per i selvatici sono molti – aggiunge Luciano –, dall’inquinamento ai pesticidi, dalla caccia ai fili dell’alta tensione, dalle auto alle tagliole e veleni. Poi ci sono i bocconi intrisi di veleno lasciati sul terreno per i lupi (Canis lupus) che contribuiscono ad avvelenare i rapaci e gli altri volatili della zona”.
Le storie dei rapaci recuperati si rincorrono nei racconti di Luciano, tra vicende tragiche e felici, animali che non ce l’hanno fatta e altri che si sono salvati. Un esemplare di aquila reale (Aquila chrysaetos) è stato recuperato in val di Maira, un’altra in valle Stura. Entrambe le aquile erano fortemente debilitate e denutrite. Non ce l’hanno fatta nonostante le cure amorevoli dei volontari e dei veterinari del centro. Si è salvato invece un biancone (Circaetus gallicus), la cosiddetta aquila dei serpenti, trovato ferito in val Tanaro. Dopo le cure (aveva un problema alla pupilla) è stato restituito ai cieli della valle.
Per Luciano ogni animale ha una storia, una vicenda che si snoda nel tempo. C’è il picchio nero (Dryocopus martius), la faina (Martes foina) e la simpatica averla (Lanius sp.). Persino una scimmietta (Macaca sylvanus), Citina, è stata ritrovata legata a un’antenna della tv in un palazzo a Cuneo e prontamente recuperata e curata.
“Salviamo gli animali, organizziamo iniziative didattiche”, conclude Remigio Luciano. “Siamo un buon punto di monitoraggio della fauna. Amiamo quello che facciamo e ogni salvataggio è una soddisfazione, Una vittoria per chi ama il territorio e i suoi abitanti”.

La storia della cerva Minerva
La cerbiatta Minerva è la mascotte del CRAS. Ritrovata cucciola di pochi giorni, con ferite e una parziale amputazione dell’arto sinistro. È stata soccorsa e ricoverata al Centro, sottoposta a una delicata operazione che però non le ha salvato la zampina. Un socio del CRAS la portò a casa appena guarita, le costruì una capanna con una soffice lettiera nel parco che circondava la sua villa in montagna Minerva, però, non si adattò e soffriva per la lontananza dal Centro e dai suoi salvatori. Rifiutava di mangiare e si lamentava costantemente. Preoccupati per la sua salute Luciano e i veterinari la riportarono indietro nella sua vecchia stalla.
Da allora sono trascorsi dodici anni. Oggi Minerva accoglie i visitatori del Centro, affabile e curiosa, trascinandosi dietro il suo arto inutilizzato. Dà il suo personale benvenuto ai nuovi ospiti e ogni giorno le vengono riservate ghiottonerie e carezze. “Resterà sempre con noi a simboleggiare le nostre vittorie e a testimoniare la gratitudine che ci riservano questi piccoli amici”.

Dal quotidiano La Stampa di martedì 21 giugno 2016:

Rapaci e selvatici rimessi in libertà nel Cuneese

Stasera la festa al Parco Fluviale di Cuneo Il Centro recupero animali di Bernezzo (CN) è nato nel 1985. Stasera Remigio libererà tre rapaci

21/06/2016
PAOLA SCOLA
BERNEZZO (CUNEO)

Si occupa delle regine dei cieli, le aquile. Dei signori dell’aria, come falchi, poiane, sparvieri. Di gufi e civette. «Qui è l’unico centro dove si ospitano animali selvatici di ogni taglia e specie, che richiedano cure», sottolinea Remigio Luciano, condottiero di una sorta di «arca di Noè», dove ogni anno vengono curati circa 1200 esemplari. Il Centro recupero animali di Bernezzo, tra Cuneo e le montagne, è nato nel 1985. Remigio, allora gestore del piccolo Zoo di Cuneo, fu costretto a smantellare il «giardino pubblico», perché il Comune non rinnovò più la convenzione. Il rischio era che gli animali venissero venduti o, peggio, abbattuti. Ma la famiglia di Luciano ha una casa a Bernezzo ed è lì che gli esemplari hanno trovato nuovo riparo. All’inizio i compaesani guardarono con un po’ di apprensione quell’esperimento, ma presto la diffidenza è stata vinta. E nel 2001, la Provincia di Cuneo ha autorizzato il Cras a operare per il salvataggio e la custodia dei selvatici.

Remigio ha una straordinaria sensibilità per gli animali. Lo affiancano due dipendenti part time, 4 ragazzi in servizio civile e volontari. Ci saranno anche loro, stasera, alla festa del Parco Fluviale di Cuneo a rilasciare alcuni rapaci notturni rimessi in forze: un gufo e tre civette. «Sono molti i pericoli per i selvatici – dice Luciano -: dall’inquinamento ai pesticidi, dalla caccia ai fili dell’alta tensione, dalle auto a tagliole e veleni». Sono stati bocconi nocivi, «lasciati forse per i lupi», ad avvelenare alcune aquile, che il Cras ha soccorso. «Esemplari di aquile reali, con gravi problemi. La prima è stata recuperata in val Maira. L’altra, salvata in valle Stura da un privato, nel marzo 2015, sembrava anemica e denutrita. Le abbiamo tenute ricoverate per qualche giorno, invano». È andata meglio a un biancone, l’«aquila dei serpenti», trovato ferito in val Tanaro: dall’anello di riconoscimento si è scoperto che 4 anni fa era stato soccorso ad Albisola (Savona), medicato a Bernezzo e liberato. Aveva spiegato il responsabile: «È lo stesso animale trovato nel 2012, debilitato e con un problema alla pupilla destra. Ristabilito, lo avevamo liberato a Castelmagno nel 2013». Dopo tre anni e le migrazioni, il rapace è tornato a pochi km di distanza, si è di nuovo ferito ed è stato riconsegnato al Cras.

Ma l’«arca di Remigio» è tanto altro. Nel 2013, per esempio, sono stati ricoverati 94 caprioli, camosci, cinghiali, ghiri, lepri, martore, procioni, tassi, volpi. Fra gli uccelli aironi, capinere, cuculi, ghiandaie, rondini, upupe, scriccioli. Poi rospi, biacchi, tartarughe. Per Remigio ogni animale ha una storia. Ce l’hanno gli ultimi «ospiti»: un picchio nero, una martora, una faina e un’averla capirossa. Ce l’aveva la scimmia Citina, legata a un’antenna di un palazzo a Cuneo, compromessa dall’imprinting umano. «Salviamo gli animali, organizziamo iniziative didattiche – conclude – e siamo un buon punto di monitoraggio della fauna. Come quando abbiamo seguito un grifone, con il Gps, fino in Spagna. La nostra realtà non ha scopo di lucro e le risorse sono scarse. I Comuni ci aiutano, Regione e Provincia faticano. Il sostegno con il 5×1000 sarebbe un’enorme boccata di ossigeno»

Aquila reale

Dai quotidiani locali online Cuneocronaca.it e TargatoCN.it di giovedì 7 maggio 2015:

Bernezzo/ Allarme del Centro Recupero Animali Selvatici: avvelenamento di aquile reali per via indiretta


bracconaggio: le conseguenze dell’uso di bocconi avvelenati

Il tema del bracconaggio di animali selvatici per avvelenamento tramite bocconi abbandonati è tra i più discussi in questo periodo a causa dei numerosi individui di fauna selvatica trovati morti per questa causa. Parecchia attenzione è stata posta dai media soprattutto sulle conseguenze che quest’attività ha sul lupo (Canis lupus), oggetto di dibattito molto attuale.

Tuttavia è forse meno conosciuto l’effetto che l’avvelenamento può avere sul resto della fauna selvatica. L’avvelenamento per ingestione diretta del boccone è frequente fra molti carnivori, mentre potrebbe essere meno intuitivo pensare al fatto che molti animali muoiono per intossicamento in modo indiretto, ovvero nutrendosi di carcasse di specie cibatesi del veleno stesso.

È proprio il caso delle due aquile reali pervenute al Centro Recupero Animali Selvatici tra la fine del 2014 e l’inizio dell’anno in corso. L’aquila reale (Aquila chrysaetos) è una specie particolarmente a rischio poiché può essere avvelenata direttamente dai bocconi a lei appetibili oppure, essendo parzialmente necrofaga, mangiare carogne di animali morti per le stesse cause.

La prima aquila recuperata dal personale del C.R.A.S. in Valle Maira nel mese di dicembre 2014 presentava manifestazioni spastiche di entrambi gli artigli, anemia, astenia e denutrizione, oltre a stitichezza. Inoltre, dalla necroscopia, è apparsa una grossa borra (rigurgito costituito da cibo indigesto) che bloccava il gozzo e quindi il tratto gastro-intestinale.

La seconda, ritrovata in Valle Stura e recapitata al C.R.A.S. da un privato nel mese di marzo 2015, presentava sintomi simili alla precedente quali astenia, anemia e denutrizione. Inoltre era caratterizzata dalla totale assenza degli artigli del primo dito di entrambe le zampe posteriori, forse a causa di asportazione accidentale, con probabile perdita di molto sangue.

Le due aquile sono rimaste ricoverate presso il Centro Recupero di Bernezzo per qualche giorno e sono poi decedute nonostante i tentativi di salvarle. Le carcasse sono state poi inviate interamente all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta per analizzarle e comprendere le cause di morte. Dalle analisi effettuate è risultato che la prima aquila rinvenuta presentava livelli di piombo negli organi emuntori (fegato e rene) molto alti mentre nella seconda sono stati isolati germi potenzialmente patogeni. Ma ciò che maggiormente preoccupa è la presenza in entrambi gli individui di anticoagulanti dotati di elevata tossicità, usualmente impiegati come esca rodenticida.

In particolare le sostanze rilevate negli organi delle due aquile sono il brodifacoum, il bromadiolone e il difenacoum. La loro presenza nelle carcasse giustifica appieno i sintomi sopraindicati e si ritiene che possa essere la causa principale di morte dei due rapaci. Si tratta inoltre di sostanze largamente usate nei bocconi avvelenati distribuiti sul territorio dai bracconieri per eliminare la fauna selvatica ritenuta ‘dannosa’ o ‘fastidiosa’, poiché molto facilmente reperibili.

Nelle stesse settimane era stata segnalata la presenza di un’altra aquila reale in Valle Stura con difficoltà a volare e dal comportamento anomalo e che sembrava, osservandola a distanza, presentasse lo stesso problema di contrazione delle zampe posteriori come l’esemplare pervenuto al C.R.A.S. a dicembre. Non è stato però possibile recuperarla e purtroppo non si sa quale sia stato il suo destino, ma è probabile che le cause del suo stato di salute precario fossero le stesse.

Il Centro di Recupero di Bernezzo vuole porre all’attenzione dei lettori questo grave problema portando ad esempio i tre decessi sopra descritti, che rappresentano una grave perdita alla popolazione di aquile della nostra provincia, considerato il breve tempo in cui queste morti sono avvenute. Se si pensa inoltre che gli animali in difficoltà che vengono portati al C.R.A.S. sono solo una piccola parte di quelli che muoiono in natura e non vengono ritrovati dall’uomo, è preoccupante pensare che altri esemplari di aquila reale abbiano potuto incorrere nelle stesse cause di mortalità.

Nella speranza che le istituzioni implementino ulteriormente i controlli sull’attività illegale di bracconaggio mediante bocconi avvelenati, nonostante siano già stati fatti, e siano in corso, molti sforzi in questa direzione, il nostro appello va a tutti i cittadini che possono contribuire attivamente a combattere un atto così deplorevole. Denunce e segnalazioni da parte di chi si imbatte nel bracconaggio sono alla base di una lotta efficiente: confidiamo nell’aiuto di tutti perché non arrivino più casi disperati di animali in fin di vita, animali che non sono di nessun fastidio alle attività umane e che hanno il diritto di vivere tanto quanto noi ‘bipedi’.”

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